Articolo a cura del Com.te CASTELLANI Fabrizio
Ideare, progettare, partire, iniziare, non è mai facile. Però mai difficile come insistere, andare avanti, perseverare.
Le parole di Leonardo da Vinci sono il motto della nave Amerigo Vespucci e rendono magistralmente l’idea della sua vocazione: insegnamento e formazione.
Una vocazione che si riesce a respirare appena saliti a bordo.
La Vespucci non è solamente la nave scuola più antica del mondo, non è solamente una costruzione di ingegneria sopraffina. É soprattutto un’opera d’arte.
Con i suoi quasi novantanni di storia incuriosisce e intimorisce, ti chiede di guardarla con attenzione, mette in mostra tutta la sua armonia fatta di dettagli perfettamente funzionali, utili e belli. Ti chiede di accoglierla con il rispetto che merita, ma senza timore.
Come tutte le opere d’arte ha qualcosa di celato, nascosto agli occhi ma che in qualche modo riesci a vedere.
Anche il pilota, quando è chiamato a svolgere il suo compito su questa meraviglia, non può evitare di fare suo questo motto.
Questa mattina a Livorno, questo compito è caduto sulle spalle del Comandante Marino Biancotti.
Una bella giornata di sole, una brezza leggerissima.
Le condizioni ideali per una manovra, eppure sono certo che il pilota, mentre la Vespucci si avvicinava, avrà pensato e ripensato cento volte alla manovra da fare. Avrà immaginato i momenti, i modi, le velocità e gli angoli di accostata. Avrà scelto con inusuale cura perfino le parole da usare.
La pilotina che le corre incontro, quella biscaglina dondolante su cui poggia il primo titubante passo, il personale che ti accoglie a bordo. Tutto fatto con un filo di tensione celata dietro ad un sorriso di orgoglioso benvenuto.
La schiena si fa rigida, più del solito.
Lo sguardo va più lontano. Anche il mento si alza, fiero.
Stai portando la Vespucci, la nave più bella del mondo, all’ormeggio. La tua città, il tuo porto, avrà l’onore di ospitarla.
Fa tremare i polsi, la manovra dell’Amerigo Vespucci. Come se qualcuno vi chiedesse di prendere la Gioconda, al Louvre, e spostarla di stanza. Pochi metri solamente, ma che sembrerebbero, a chiunque, chilometri.
Ecco allora che scopri quanto quel motto sia parte di lei. Non è solo una frase scritta, ma lo tiene dentro. Nelle vene del legno, nelle lamiere chiodate, nel sartiame, nella gente di bordo.
“Non chi comincia, ma quel che persevera”, ti sussurra.
Sono sicuro che oggi, come sempre, come accade a tutti, quel motto sarà passato dalla nave a Marino.
Bentornati a Livorno, avrà salutato.
Poi con un sorriso, rivolgendosi al Comandante, avrà aggiunto: Portiamola a banchina.